LETTERA - Guccini |
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In giardino il ciliegio è fiorito
agli scoppi del nuovo sole, |
il quartiere si è presto riempito di
neve, di pioppi e di parole. |
All'una in punto si sente il suono
acciottolante che fanno i piatti, |
le TV sono un rombo di tuono per
l'indifferenza scostante dei gatti; |
come vedi tutto è normale in questa
inutile sarabanda |
ma nell'intreccio di vita uguale
soffia il libeccio di una domanda, |
punge il rosaio di un dubbio eterno,
un formicaio di cose andate, |
di chi aspetta sempre l'inverno per
desiderare una nuova estate. |
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Son tornate a sbocciare le strade,
ideali ricami del mondo, |
ci girano tronfie la figlia e la
madre nel viso uguali e nel culo tondo, |
in testa identiche, senza storia,
sfidando tutto, senza confini, |
frantumano un attimo quella boria
grida di rondini e ragazzini; |
come vedi tutto è consueto in questo
ingorgo di vita e morte, |
ma mi rattristo, io sono lieto di questa
pista di voglia e sorte, |
di questa rete troppo smagliata, di
queste mete lì da sognare, |
di questa sete mai appagata, di chi
starnazza e non vuol volare. |
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Appassiscono piano le rose, spuntano
a grappi i frutti del melo, |
le nuvole in alto van silenziose negli
strappi cobalto del cielo; |
io sdraiato sull'erba verde fantastico
piano sul mio passato |
ma l'età all'improvviso disperde
quel che credevo e non sono stato; |
come senti tutto va liscio in
questo mondo senza patemi, |
in questa vita presa di striscio, di
svolgimento corretto ai temi, |
dei miei entusiasmi durati poco,
dei tanti chiasmi filosofanti, |
di storie tragiche nate per gioco
troppo vicine o troppo distanti. |
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Ma il tempo, il tempo chi me lo
rende? Chi mi dà indietro quelle stagioni |
di vetro e sabbia, chi mi riprende
la rabbia e il gesto, donne e canzoni, |
gli amici persi, i libri mangiati,
la gioia piana degli appetiti, |
l'arsura sana degli assetati, la
fede cieca in poveri miti? |
Come vedi tutto è usuale, solo che
il tempo stringe la borsa |
e c'è il sospetto che sia triviale
l'affanno e l'ansimo dopo una corsa, |
l'ansia volgare del giorno dopo, la
fine triste della partita, |
il lento scorrere senza uno scopo
di questa cosa che chiami vita. |